Il possesso o la cessione di immobili situati all’estero può generare redditi assoggettati a tassazione in Italia.
Inoltre, il possesso di tali immobili da parte di persone fisiche, società semplici ed enti non commerciali (tra cui i trust) prevede la compilazione del quadro RW, ai fini del monitoraggio fiscale e comporta il pagamento dell’IVIE con aliquota dell’1,06%.
Reddito da affitto degli immobili all’estero
A livello convenzionale, l’art. 6 del modello OCSE prevede un tipo di tassazione concorrente.
Qualora la Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra lo Stato estero e l’Italia preveda la tassazione dei redditi generati dall’immobile nello Stato di ubicazione, non si esclude la potestà impositiva concorrente dello Stato di residenza del percettore degli stessi.
I redditi derivanti dagli immobili situati all’estero e imputabili a soggetti che non esercitano attività d’impresa rientrano tra i redditi diversi ai sensi dell’art. 67, co. 1, lett. f) del TUIR. Le modalità di imposizione fiscale per tali immobili sono stabilite dall’art. 70, co. 2 del TUIR.
Nel caso in cui l’immobile non sia soggetto a imposizione nel Paese estero in cui è situato, il contribuente è esonerato dall’indicarlo nella dichiarazione italiana, a condizione che non abbia percepito alcun reddito.
Per gli immobili concessi in locazione, invece, l’art. 70, co. 2 del TUIR e le istruzioni al modello REDDITI prevedono le seguenti regole:
- Se il reddito da locazione è tassato nel Paese in cui si trova l’immobile (ad esempio, in Francia), nella dichiarazione italiana va indicato l’importo dichiarato nello Stato estero. In questo caso, il contribuente ha diritto al credito per le imposte estere, ma non può applicare la deduzione forfetaria del 15%.
- Se, al contrario, il Paese estero non prevede l’imposizione diretta sui canoni di locazione, come negli Emirati Arabi Uniti, dove i redditi personali non sono tassati, il canone di locazione concorre alla formazione del reddito imponibile in Italia ridotto del 15%, senza possibilità di usufruire del credito per imposte estere, anche perchè queste non sono dovute.
La risoluzione DRE Lombardia 15.2.2010 n. 12155, in linea con precedenti chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate, ha precisato che il reddito da dichiarare in Italia si determina sottraendo dalle somme percepite a titolo di locazione le spese deducibili secondo la normativa fiscale del Paese in cui è situato l’immobile. Ad esempio, se il contribuente ha percepito affitti per 36.000 euro e la normativa locale consente la deduzione di spese per 10.000 euro, il reddito da dichiarare in Italia sarà di 26.000 euro, purché nel Paese estero tali somme non siano state soggette a imposta, ad esempio per effetto di deduzioni generali dalla base imponibile.
Disallineamento dei periodi d’imposta
Un caso peculiare si verifica quando il periodo d’imposta dello Stato in cui è situato l’immobile non corrisponde a quello italiano. Ciò accade, ad esempio, nel caso di un contribuente residente in Italia che possieda immobili nel Regno Unito, dove l’anno fiscale decorre dal 6 aprile dell’anno N fino al 5 aprile dell’anno N+1.
Ai sensi dell’art. 70 co. 2 del TUIR, in situazioni di disallineamento tra il periodo d’imposta estero e quello italiano, il reddito viene determinato facendo riferimento al periodo d’imposta dello Stato estero che si conclude nel corso dell’anno fiscale italiano.
Di conseguenza, se il periodo d’imposta estero va dal 6 aprile dell’anno N al 5 aprile dell’anno N+1, i redditi derivanti dall’immobile per il periodo 06/04/2024 – 05/04/2025 devono essere interamente imputati all’anno solare 2025 del contribuente residente in Italia.
Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella circ. n. 9 del 2015, l’imposta versata all’estero è detraibile, ai sensi dell’art. 165 del TUIR, nel periodo d’imposta italiano al quale è attribuito il reddito estero. Nel caso sopra descritto, quindi, l’imposta estera relativa al periodo 06/04/2024 – 05/04/2025 sarà detratta dall’imposta italiana dovuta per il 2025, anno in cui il reddito estero viene dichiarato.
Cessione di immobili situati all’estero
Secondo quanto previsto dall’art. 13 del modello OCSE, le plusvalenze derivanti dalla vendita di immobili possono essere assoggettate a tassazione concorrente sia nel Paese in cui tali immobili sono situati, sia nel paese di residenza del percettore del reddito.
Di conseguenza, possono verificarsi situazioni di doppia imposizione, che vengono generalmente risolte attraverso il meccanismo del credito per le imposte pagate all’estero, disciplinato dall’art. 165 del TUIR.
Ovviamente è possibile che uno o entrambi i paesi non assoggettino ad imposizione tale plusvalenza. Simile circostanza si può verificare, ad esempio, quando il bene immobile sia detenuto da un certo numero di anni, prima di essere venduto in base alla propria legislazione interna (come avviene in Germania e in Italia).
La tassazione delle plusvalenze relative alla cessione di immobili situati all’estero avviene ai sensi dell’art. 67 del TUIR, secondo il criterio di cassa, secondo due modalità principali:
- Tassazione ordinaria (IRPEF):
- Se la plusvalenza è imponibile, viene tassata con le aliquote ordinarie IRPEF, in base allo scaglione di reddito del contribuente.
- Imposta sostitutiva del 26%:
- Se il contribuente lo richiede al notaio al momento della vendita, può optare per un’imposta sostitutiva del 26% sulla plusvalenza (art. 1, co. 496, L. 266/2005, modificato dal DL 124/2019).
La plusvalenza è imponibile solo se:
- L’immobile è stato ceduto entro cinque anni dall’acquisto o dalla costruzione (art. 67, co. 1, lett. b, TUIR).
- Non è stato adibito ad abitazione principale del venditore o dei suoi familiari per la maggior parte del periodo di possesso.
Se invece la vendita avviene dopo cinque anni o riguarda un immobile adibito a prima casa, la plusvalenza non è soggetta a tassazione.
Un caso di particolare interesse riguarda la vendita di partecipazioni in società immobiliari. L’art. 13, paragrafo 4, del modello OCSE stabilisce che le plusvalenze derivanti dalla cessione di azioni il cui valore dipende per oltre il 50%, direttamente o indirettamente, da beni immobili situati in un altro Stato contraente possono essere tassate in tale Stato.
Tuttavia, il principio della tassazione concorrente sulle plusvalenze legate alle società immobiliari è stato recepito solo in un numero limitato di Trattati sottoscritti dall’Italia. La maggior parte delle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dal nostro Paese, infatti, non contiene disposizioni specifiche in merito e si limita ad applicare le regole generali, secondo cui la tassazione delle plusvalenze avviene esclusivamente nel Paese di residenza del venditore.
Quadro RW
I contribuenti residenti in Italia sono tenuti a riportare nel quadro RW tutti gli investimenti e le attività di natura patrimoniale detenuti all’estero, sia direttamente che indirettamente o tramite soggetti interposti.
La circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 10 del 2015 ha approfondito il tema dell’interposizione chiarendo, a titolo esemplificativo, che rientra nella definizione di soggetto fittiziamente interposto una società situata in un Paese a fiscalità privilegiata, priva di obblighi contabili, laddove la struttura societaria sia meramente formale e la reale titolarità dei beni sia da ricondurre al socio.
Per quanto riguarda i trust, essi sono considerati soggetti interposti quando il patrimonio in essi conferito rimane nella disponibilità del disponente o rientra nella sfera patrimoniale dei beneficiari.
Nel caso in cui il trust si configuri come un mero schermo giuridico e la titolarità effettiva dei beni sia da attribuire ad altri soggetti, come il disponente o i beneficiari, il trust deve essere considerato interposto. Di conseguenza, sia il patrimonio che i redditi generati devono essere imputati ai soggetti che ne hanno la reale disponibilità.
Ai sensi dell’art. 4 del DL 167/90, sono obbligati alla compilazione del quadro RW anche coloro che, pur non essendo titolari diretti di investimenti o attività finanziarie detenute all’estero, ne risultano i beneficiari effettivi.
Il titolare effettivo viene definito come la persona fisica che, pur non essendo formalmente il cliente, è colui per conto del quale il rapporto continuativo è instaurato, la prestazione professionale viene eseguita o l’operazione è realizzata.
I beni immobili detenuti all’estero sono soggetti ad IVIE (Imposta sul valore degli immobili situati all’estero) pari all’1,06%. Fino al 31.12.2023, l’aliquota applicata era dello 0,76%.
L’imposta deve essere calcolata e dichiarata nel quadro RW del modello fiscale, unitamente all’IVAFE.
Il caso particolare dei neo domiciliati
Per i soggetti che beneficiano del regime dei neo domiciliati di cui all’art. 24-bis del TUIR, per il quale si rimanda all’apposito contenuto, vengono meno le considerazioni fatte fino ad ora in merito alla tassazione degli immobili detenuti all’estero.
Il regime, infatti, prevede un’imposta sostitutiva pari a 200.000 che copre quasi tutti i redditi di fonte estera. Ne deriva che affitti e plusvalenze sarebbero inclusi in tale flat tax.
Allo stesso tempo, per i periodi d’imposta di validità dell’opzione opera l’esenzione dall’obbligo di:
- compilare il quadro RW;
- versare l’IVIE.
La decisione di aderire o meno al regime, qualora ne ricorrano i requisiti di legge, è da effettuarsi dopo attenti calcoli di convenienza.