Tag: esterovestizione

  • Residenza fiscale delle società ed Esterovestizione

    Residenza fiscale delle società ed Esterovestizione

    L’esterovestizione societaria è un fenomeno frequentemente sottovalutato dagli imprenditori, i quali spesso pensano di poter costituire società in giurisdizioni con una fiscalità più vantaggiosa rispetto a quella italiana e di continuare ad amministrarle dal nostro paese.

    Residenza fiscale delle società

    Ai sensi dell’art. 73 co. 3 del TUIR, come modificato a partire dal 2024, si considerano residenti in Italia le società, incluse quelle di persone, e gli enti, come i trust, che hanno nel territorio dello Stato, per la maggior parte del periodo d’imposta, ovvero per almeno 183 o 184 giorni, alternativamente:

    • la sede legale: si identifica con la sede sociale indicata nell’atto costitutivo o nello statuto;
    • la sede di direzione effettiva: per la quale si intende “la continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso“, mentre “non rilevano le decisioni diverse da quelle aventi contenuto di gestione assunte dai soci né le attività di supervisione e l’eventuale attività di monitoraggio della gestione da parte degli stessi“.
    • la gestione ordinaria in via principale: con cui si intende “il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso“. Sul punto, la circ. Agenzia delle Entrate 20/E del 2024 ha precisato che il criterio di collegamento è “associato al luogo in cui si esplicano il normale funzionamento della società e gli adempimenti che attengono all’ordinaria amministrazione della stessa“, che i fattori di determinazione della gestione ordinaria “variano a seconda della conformazione della struttura imprenditoriale, dell’attività caratteristica, nonché della organizzazione del complesso aziendale della società o dell’ente” e che la gestione “deve riguardare l’impresa nel suo complesso, con l’intento di distinguere lo Stato di residenza della persona giuridica dal luogo di collocamento della stabile organizzazione“.

    Convenzioni contro le doppie imposizioni e doppia residenza

    Nel caso in cui una società sia considerata fiscalmente residente da due diversi Paesi sulla base delle rispettive norme nazionali, si applica l’art. 4 par. 3 del Modello di Convenzione OCSE contro le doppie imposizioni.

    Nel modello risultante a seguito dell’aggiornamento del 2017 viene rimessa la risoluzione dei casi di doppia residenza delle società al comune accordo delle competenti autorità degli Stati contraenti, tenendo conto della sua sede di direzione effettiva, del luogo in cui è costituita o altrimenti costituita e di qualsiasi altro fattore rilevante.

    Tuttavia, la maggior parte delle Convenzioni stipulate dall’Italia (facenti riferimento alla precedente versione del 2014) danno, invece, prevalenza al solo criterio della sede di direzione effettiva.

    Esterovestizione

    L’art. 73 co. 3, 5-bis e 5-ter del TUIR individua una presunzione legale relativa di residenza nel territorio dello Stato dei trust e delle società o enti esterovestiti.

    In particolare, il co. 5-bis dell’art. 73 del contiene la presunzione legale relativa di residenza in Italia delle società ed enti che detengono partecipazioni di controllo in società ed enti, se, in alternativa:

    • sono, a loro volta, controllati, ai sensi dell’art. 2359 del Codice Civile, anche indirettamente, da soggetti residenti nel territorio italiano;
    • ovvero sono amministrati da un consiglio di amministrazione o altro organo di gestione, composto in prevalenza da soggetti residenti in Italia.

    Come indicato nella circ. Agenzia delle Entrate 28/E del 2006, la presunzione di esterovestizione e si applica anche nel caso in cui si interpongano nella catena di controllo più sub holding estere. In merito all’ipotesi legata alla residenza degli amministratori, invece, la circ. Agenzia delle Entrate 11/E del 2007 prevede che:

    • la società sarà considerata fiscalmente residente qualora, per la maggior parte del periodo d’imposta, risulti amministrata da consiglieri residenti in Italia;
    • la residenza degli amministratori della società deve essere stabilita sulla base dei criteri previsti dall’art. 2 del TUIR.

    Il co. 5-bis dell’art. 73 del TUIR, in caso di esterovestizione, prevede l’inversione a carico del contribuente dell’onere della prova.
    Per superare tale presunzione, la società dovrà, pertanto, dimostrare “con argomenti adeguati e convincenti” che “esistono elementi di fatto, situazioni od atti, idonei a dimostrare un concreto radicamento della direzione effettiva nello Stato estero

    Giurisprudenza di merito

    Esempio di giurisprudenza di merito è la Cass. n. 43809 del 2015, in base alla quale non si può considerare esterovestita la controllata estera dotata di una propria struttura, anche se minima, che le consente di svolgere l’attività prevista dallo Statuto sociale. L’accertamento dell’esterovestizione riguarda, infatti, le sole società “schermo” (o “caselle postali”) che si caratterizzano quali costruzioni di puro artificio, costituite nello Stato estero al solo fine di beneficiare di regimi fiscali più favorevoli.
    La C.T. Prov. Como n. 91/1/13 ha stabilito che non sussiste ila fattispecie di esterovestizione ove la società presenti all’estero stabilimenti, uffici, personale dipendente, organismi direttivi, sedi di decisioni strategiche, autonomie operative, profitti, interessi ed attività sovranazionali. La residenza fiscale in Italia di un soggetto estero deve, infatti, basarsi su un’analisi complessiva della situazione di fatto e non deve essere limitata ad una valutazione acritica fondata sulle presunzioni normative.

    Effetti

    Qualora il contribuente non riuscisse a dimostrare che la sede di direzione effettiva della società non è in Italia, i redditi conseguiti dal soggetto “esterovestito” saranno, pertanto, assoggettati a tassazione in Italia.

    Si può portare ad esempio, il caso di molti imprenditori digitali che operano dall’Italia attraverso società costituite off-shore, come le LLC statunitensi, ma la cui gestione ed amministrazione avviene in Italia. In questi casi, qualora oggetto di accertamento, tali società verrebbero considerate fiscalmente residenti nel nostro paese ed ivi assoggettate a tassazione.

  • Trasferimento all’estero della residenza fiscale: controlli

    Trasferimento all’estero della residenza fiscale: controlli

    Nel corso degli ultimi anni, l’Agenzia delle Entrate ha deciso di intensificare gli accertamenti nei confronti di soggetti italiani che hanno realizzato un trasferimento all’estero della residenza fiscale per contrastare il fenomeno di esterovestizione personale (per la quale si rimanda allo specifico articolo).

    Il trasferimento all’estero della residenza fiscale, anche se genuino nelle intenzioni, ignorando la normativa ed i possibili controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate, è un errore comune che può comportare gravi conseguenze per il contribuente.

    Gli accertamenti fiscali sugli espatriati italiani sono realizzati attraverso la predisposizione delle c.d. “liste selettive“, in base a quanto previsto dal Provvedimento n. 43999 del Direttore dell’Agenzia delle entrate, pubblicato il 3 marzo 2017.

    Le “liste selettive” costituiscono di elenchi di soggetti espatriati strumentali all’individuazione dei falsi residenti all’estero.

    L’attività di verifica dell’Amministrazione Finanziaria è finalizzata ad individuare gli elementi di fatto che per gli espatriati possono ricondurre in Italia:

    • La residenza, intesa come il luogo in cui la persona ha la dimora abituale;
    • Il domicilio, inteso come il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona;
    • La presenza fisica.

    La creazione di liste selettive AIRE per l’accertamento degli espatriati

    Con l’introduzione dei commi 17-bis e 17-ter all’articolo 83 del D.L. n. 112/2008 il legislatore ha rafforzato i controlli sui soggetti espatriati. Tale normativa impone ai Comuni di trasmettere all’Agenzia delle entrate i dati relativi ai soggetti che hanno richiesto l’iscrizione all’AIRE ai fini della “formazione di liste selettive per i controlli relativi ad attività finanziarie ed investimenti patrimoniali esteri non dichiarati”.

    Iscriversi all’AIRE è un adempimento obbligatorio per i cittadini italiani che si trasferiscono all’estero, ma implica l’eventualità di essere oggetto di un accertamento fiscale. Tali accertamenti sono controlli volti esclusivamente ad individuare trasferimenti esteri simulati, che hanno come unico scopo quello di evitare la tassazione di redditi in Italia.

    Elementi oggetto di monitoraggio nei controlli sulla residenza fiscale

    Gli elementi da monitorare che potrebbero indurre l’Agenzia delle Entrate a riscontrare situazioni sospette circa l’effettività della residenza fiscale estera dei soggetti iscritti all’AIRE sono stati individuati come segue:

    • Residenza dichiarata in uno degli Stati e territori a fiscalità privilegiata, individuati dal Decreto del Ministero delle Finanze 4 maggio 1999; (rilevante ai fini dell’articolo 2, comma 2-bis DPR n. 917/86).
    • Movimenti di capitale da e verso l’estero, trasmessi dagli operatori finanziari nell’ambito del monitoraggio fiscale di cui al D.L. n. 167/1990. In relazione a questo adempimento assumono rilevanza anche gli obblighi di segnalazione delle operazioni transfrontaliere da parte degli istituti bancari;
    • Informazioni relative a patrimoni immobiliari e finanziari detenuti all’estero, trasmesse dalle Amministrazioni fiscali estere nell’ambito di Direttive europee e di accordi di scambio automatico di informazioni;
    • Residenza in Italia del nucleo familiare del contribuente;
    • Atti del registro segnaletici dell’effettiva presenza in Italia del contribuente;
    • Utenze elettriche, idriche, del gas e telefoniche attive;
    • Disponibilità di autoveicoli, motoveicoli e unità da diporto;
    • Titolarità di partita IVA attiva;
    • Rilevanti partecipazioni in società residenti di persone o a ristretta base azionaria;
    • Titolarità di cariche sociali;
    • Versamento di contributi per collaboratori domestici;
    • Informazioni trasmesse dai sostituti d’imposta con la Certificazione unica e con il modello dichiarativo 770;
    • Informazioni relative a operazioni rilevanti ai fini IVA, comunicate ai sensi dell’art. 21, D.L. n. 78/2010 nonché ai sensi del D.Lgs. n. 127/2015.

    Qualsiasi soggetto iscritto all’AIRE potrebbe cadere in una o più delle casistiche riportate nonostante l’effettività della propria residenza all’estero.

    Oltre a questi elementi occorre tenere in considerazione anche le eventuali check list connesse all’applicazione di regimi legati a soggetti che impatriano in Italia e devono verificare anni di residenza fiscale estera. Sul punto, particolarmente interessante è la check list connessa all’applicazione del regime fiscale dei c.d. “neo-residenti” in Italia.

    Di interesse particolare è la condizione di avere a disposizione un immobile ad uso abitativo in Italia per un periodo superiore a 90 giorni all’anno. Sostanzialmente la disponibilità di un immobile è considerata davvero molto rilevante per l’Amministrazione finanziaria.


    Allo scopo di ottenere un’elaborazione delle informazioni disponibili, l’Agenzia delle Entrate ha specificato che le liste dei cittadini richiedenti iscrizione all’AIRE (e coloro che già vi sono iscritti) saranno comunicate, in ogni caso, all’Agenzia delle Entrate direttamente dal Ministero dell’Interno. Questo con cadenza non inferiore al semestre.

    Accordi internazionali

    Da ultimo, ma non meno importante, va rilevato il fatto che le specifiche contenute all’interno del Provvedimento n. 43999 lasciano intendere  la futura implementazione di un bacino di dati ulteriormente alimentato dalle informazioni pervenute nell’ambito degli accordi internazionali relativi allo scambio automatico di informazioni implementati dalle direttive europee DAC 1, DAC 2, DAC5, DA7 e DAC 8 (quest’ultima ancora in attea di essere attuata),e dagli accordi internazionali quali il FACTA ed il Common Reporting Standard.

    Accertamento della residenza degli italiani espatriati: utilizzabilità automatica dei dati

    L’obiettivo delle forme di controllo e monitoraggio delle persone fisiche ha hanno realizzato un trasferimento all’estero della residenza fiscale fin qui descritte è pertanto quello di:

    • Accertare l’effettività della residenza fiscale estera;
    • Verificare che non sussistano elementi tali da ricondurre in Italia la residenza ed il domicilio del soggetto iscritto all’AIRE e – qualora sussistano – accertare i redditi di fonte estera prodotti dal soggetto auto-dichiaratosi non residente.

    Secondo la norma e le indicazioni contenute nel Provvedimento, le liste dovranno guidare l’Amministrazione finanziaria nell’esercizio dei poteri istruttori ad essa attribuiti dall’articolo 32 del DPR n. 600/1973.

    In particolare, il principale strumento di indagine sarà nella prima fase di controllo la trasmissione di inviti e questionari.

    Non sembra invece possibile che l’eventuale identificazione di un soggetto iscritto all’AIRE nelle predette liste possa costituire motivo di notifica automatica di un avviso di accertamento.

  • Residenza fiscale delle persone fisiche ed Esterovestizione

    Residenza fiscale delle persone fisiche ed Esterovestizione

    Il presente contributo tratta della residenza fiscale delle persone fisiche. Ai sensi dell’art. 3 del TUIR, le persone fisiche residenti in Italia sono assoggettate a tassazione per i redditi ovunque prodotti, in Italia e all’estero.

    Al contrario, i soggetti non residenti sono tassati in Italia solo sui  ai redditi prodotti nel territorio dello Stato.

    Ai fini IRPEF, a partire dal 2024, sono considerate residenti in Italia le persone che, per la maggior parte del periodo d’imposta, ovvero 183 o 184 giorni negli anni bisestili, considerando anche la frazioni di giorno, alternativamente:

    • hanno la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’art. 43 co. 2 c.c. (“la residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale”);
    • hanno il domicilio nel territorio dello Stato (per domicilio, a tal fine si intende per espressa previsione dell’art. 2 co. 2 del TUIR, “il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona”);
    • sono presenti nel territorio dello Stato;
    • salvo prova contraria, risultano iscritte nelle anagrafi della popolazione residente.

    Ad esempio, la persona trasferitasi all’estero, senza aver effettuato l’iscrizione all’AIRE, a partire dal 2024 non potrà più essere considerata fiscalmente residente in Italia se prova di non aver avuto in Italia la residenza civilistica, il domicilio o di non essere stato presente sul territorio nazionale per la maggior parte del periodo di imposta.

    La Circolare 20/E del 2024, fornisce alcuni esempi relativi alla determinazione del domicilio relativo alla residenza fiscale delle persone fisiche:

    • il caso di una persona, iscritta all’AIRE, che lavora all’estero ma mantiene a propria disposizione, a qualunque titolo, una casa in Italia, lasciandovi attive le relative utenze, nella quale continua a rientrare nei fine settimana e dove trascorre alcuni periodi di astensione dal lavoro;
    • il caso di Tizio, avente un’abitazione di proprietà sia in Italia, sia nello Stato estero Beta: nell’abitazione italiana sono presenti i figli, nati da un primo matrimonio, mentre nella casa situata all’estero vive l’attuale coniuge; la persona lavora ordinariamente in Italia, si reca frequentemente in vari Paesi per viaggi professionali nonché nello Stato Beta durante i fine settimana e i periodi di astensione dal lavoro; il periodo di permanenza in Italia è quello più lungo rispetto agli altri Stati, circostanza che induce l’Agenzia a considerare la persona residente in Italia.

    Trasferimento della residenza fiscale delle persone fisiche in paradisi fiscali

    Il DM 4.5.99 indica la lista degli Stati o territori per i quali opera la presunzione relativa di residenza delle persone fisiche, prevista dall’art. 2 co. 2-bis del TUIR. In base a tale norma, infatti, si continuano a considerare fiscalmente residenti in Italia, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati di cui al decreto menzionato.

    Esempi di paradisi fiscali sono gli Emirati Arabi, Panama, Hong Kong e Singapore. A partire dal 2024 è stata eliminata dalla lista, invece, la Svizzera.


    La presunzione si applica anche al caso del cittadino italiano che essendo stato a suo tempo iscritto nell’Anagrafe della popolazione residente si trasferisca in un paese a fiscalità privilegiata da un altro paese estero che non è incluso nella lista.

    La norma pone a carico del soggetto che si è trasferito all’estero l’onere di dimostrare la propria residenza estera, onere della prova che, invece, in caso di trasferimento in altre giurisdizioni, sarebbe a carico dell’Agenzia delle Entrate.

    Per dimostrare la genuinità del trasferimento della residenza fiscale all’estero, il contribuente potrebbe utilizzare gli elementi di prova individuati nella C.M. 2.12.97 n. 304/E, ossia:

    • disponibilità di un’abitazione permanente nel Paese estero adeguata ai bisogni abitativi personali e familiari;
    • stipula di contratti di locazione o acquisto di immobili residenziali adeguati ai bisogni abitativi personali e familiari;
    • pagamento di canoni per la fornitura di servizi (acqua, luce, gas, telefono, ecc.) nel Paese estero;
    • assenza di unità immobiliari tenute a disposizione in Italia;
    • svolgimento di un rapporto di lavoro a carattere continuativo o di attività economica nel Paese estero;
    • mantenimento della famiglia all’estero, con iscrizione ed effettiva frequenza dei figli in istituti scolastici o di formazione del Paese estero;
    • accreditamento nel Paese estero di proventi ovunque conseguiti e movimentazione di somme di denaro o altre attività finanziarie;
    • possesso all’estero di beni anche mobiliari;
    • eventuale iscrizione nelle liste elettorali del Paese estero.

    Al contrario, tra gli indici più significativi di residenza fiscale delle persone fisiche individuati dall’Agenzia delle Entrate e ricavabili anche dalla domanda di applicazione dell’agevolazione di cui all’art. 24-bis del TUIR (c.d. agevolazione per i “neo residenti”), ci sono i seguenti:

    • La disponibilità, diretta o per interposta persona di una abitazione in Italia;
    • La presenza della famiglia (marito/moglie e/o figli, ma anche situazioni di convivenza) in Italia;
    • L’accreditamento di propri proventi nel Paese, ovunque conseguiti;
    • Il possesso diretto, o per interposta persona, di beni immobili lasciati a disposizione per oltre 90 giorni. Allo stesso modo è rilevante anche l’acquisto di beni immobili;
    • La presenza di cariche societarie in società residenti in Italia o, comunque, la partecipazione a riunioni d’affari;
    • Il mantenimento di relazioni sociali, l’iscrizione a circoli, club o associazioni di qualsiasi tipo;
    • Il trasferimento di denaro estero su Italia, tale da far presumere uno spostamento di interessi finanziari;
    • L’organizzazione della propria attività e dei propri impegni, anche internazionali, direttamente o attraverso soggetti operanti nel territorio italiano.

    Oltre a questi elementi a catturare l’attenzione dell’Amministrazione finanziaria sono anche i pagamenti effettuati in Italia da parte del soggetto.

    Convenzioni contro le doppie imposizioni

    Qualora un soggetto venga considerato fiscalmente residente in due diverse giurisdizioni ai sensi delle rispettive norme nazionali, si applicano le convenzioni contro le doppie imposizioni.

    L’art. 4 del modello OCSE precisa che il termine “residente di uno Stato contraente” designa “ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è ivi assoggettata ad imposta, a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sede della sua direzione, o di ogni altro criterio di natura analoga”.

    Per le persone fisiche, il modello di OCSE individua alcune regole (le coiddette “tie-breaker rules”) che servono per dirimere il conflitto di residenza che sorge ove un soggetto, in applicazione delle leggi nazionali, risulti residente in entrambi gli Stati contraenti.

    L’applicazione delle “tie-breaker rules” devono essere applicate nel seguente ordine gerarchico:

    • abitazione permanente (1° rule);
    • centro degli interessi vitali (2° rule);
    • luogo di soggiorno abituale (3° rule);
    • nazionalità (4° rule);
    • accordo fra gli Stati (criterio residuale).

    Le Convenzioni contro le doppie imposizioni costituiscono fonti vincolanti per gli Stati contraenti ed hanno efficacia di legge primaria prevalendo sulle norme interne (art. 75 del TUIR e art. 117 Cost.) in quanto norme speciali (Cass. 14240/2021; Cass. n. 1138/2009)

    Esterovestizione personale

    Nel caso in cui venisse constatato il fenomeno dell’esterovestizione personale, i redditi conseguiti all’estero sarebbero considerati imponibili in Italia e, dal 2024, assoggettati all’applicazione di una sanzione del 120% (in caso di omessa dichiarazione dei redditi.

    Verrebbe inoltre applicata una sanzione dal 3% al 15% del valore delle attività patrimoniali e finanziarie di fonte estera non dichiarate nel quadro RW ai fini del monitoraggio fiscale. Le sanzioni sono raddoppiate nel caso in cui le attività siano detenute nei paradisi fiscali menzionati anteriormente.