Tassazione in Italia dei cittadini americani

US passport

Una tematica foriera di complicazioni e che richiede un’analisi approfondita è quella relativa alla tassazione in Italia dei cittadini americani.

È frequente il caso di cittadini statunitensi o di soggetti in possesso di una Green Card, residenti in Italia ai fini fiscali.  Il caso può essere, quindi, anche quello di un cittadino italiano che per anni ha risieduto negli USA in possesso di una Green Card che fa ritorno in Italia ma che non vuole rinunciare alla Green Card statunitense nell’ottica di un futuro rientro in America, onde non dover di nuovo fare application per il permesso di soggiorno.

Può accadere che questi soggetti, una volta traferitisi in Italia, continuino a percepire redditi di fonte americana e, di conseguenza, si trovino a dover presentare annualmente due dichiarazioni dei redditi, una in Italia ed una negli USA.

Gli Stati Uniti, infatti, prevedono la tassazione su base mondiale non solo dei propri residenti, ma anche dei propri cittadini, anche se residenti all’estero.
Salvo il caso in cui si rinunci alla cittadinanza americana, si tratta di casistiche da gestire con particolare attenzione per quanto concerne le dichiarazioni dei redditi.

Come prima cosa analizziamo il tema della residenza fiscale, che determina il paese in cui un individuo è assoggettato a tassazione su base worldwide.

Residenza fiscale in Italia

Per maggiori approfondimenti si rimanda allo specifico contenuto, in questo articolo ci si limita a ricordare che la normativa italiana (art. 2 del TUIR) tratta i residenti fiscali e i non residenti fiscali in modo diverso. I primi sono tassati sul reddito mondiale, mentre i secondi sono tassati solo sul reddito di fonte italiana.

Una persona fisica è considerata fiscalmente residente nel nostro Paese se, per la maggior parte dell’anno fiscale, quindi per almeno 183 giorni, soddisfa almeno uno dei seguenti criteri:

  • Iscrizione all’Anagrafe della Popolazione Residente.
  • Residenza: Dimora abituale in Italia.
  • Domicilio: Luogo in cui si sviluppano le principali relazioni personali e familiari.
  • Presenza fisica, contando anche le frazioni di giorno.

Residenza fiscale negli USA

A differenza di quanto fatto per l’Italia, per la quale, come detto, si rimanda ad uno specifico contenuto, per quanto riguarda gli Stati Uniti si approfondisce nel dettaglio il concetto, piuttosto complesso, di residenza fiscale.

Criterio generale

Negli Stati Uniti, il criterio base per la residenza fiscale è la cittadinanza. Tuttavia, ai sensi del § 7701(b)(1)(A) dell’Internal Revenue Code (IRC) del 1986, un soggetto può essere considerato resident alien se:

  1. Possiede una green card (permanent resident card) anche per un solo giorno nell’anno fiscale.
  2. Supera il substantial presence test (§ 7701(b)(3)).
  3. Chiede di essere trattato come residente tramite la “first year election” (§ 7701(b)(4)), in presenza di specifici requisiti.

Un soggetto è nonresident alien (§ 7701(b)(1)(B)) se non è cittadino statunitense e non soddisfa nessuno dei criteri sopra elencati.

Substantial presence test

Un individuo è considerato fiscalmente residente negli USA se:

  • È stato fisicamente presente negli Stati Uniti per almeno 31 giorni nell’anno fiscale corrente.
  • La somma dei giorni di presenza negli ultimi 3 anni è almeno 183, calcolati come segue:
    • 100% dei giorni dell’anno in corso.
    • 1/3 dei giorni dell’anno precedente.
    • 1/6 dei giorni del secondo anno precedente.

Esempio:
Se un soggetto è stato presente negli USA per 120 giorni all’anno nel 2022, 2023 e 2024, il calcolo per il 2024 sarà:
120 (2024) + 40 (1/3 di 120 nel 2023) + 20 (1/6 di 120 nel 2022) = 180 giorni → non residente fiscale.

Eccezioni al substantial presence test (§ 7701(b)(3)(B)):
Anche se il test è soddisfatto, il soggetto è considerato non residente se:

  1. È stato presente negli USA meno di 183 giorni nell’anno corrente.
  2. La sua tax home (luogo in cui il soggetto ha il suo luogo principale di lavoro, indipendentemente dal luogo in cui abita la famiglia) è in un Paese estero.
  3. Ha un legame più stretto con un altro Stato rispetto agli USA.

First year election (§ 7701(b)(4))

Uno straniero può optare per la residenza fiscale nell’anno precedente a quello in cui acquisisce lo status di residente se:

  • Non era residente nell’election year (né per green card né per il substantial presence test).
  • Non era residente nell’anno prima dell’election year.
  • È stato presente negli USA per 31 giorni consecutivi e per almeno il 75% del tempo tra il giorno di arrivo e la fine dell’anno.

Primo anno di residenza fiscale

Nel primo anno di residenza fiscale negli USA, un individuo può avere doppio status: nonresident alien e resident alien.

  • Regola generale (§ 7701(b)(1)(A)): se un soggetto diventa residente in un dato anno, ma non lo era nell’anno precedente, è considerato residente solo dalla data di inizio della residenza.
  • Residenza con green card (§ 7701(b)(2)(A)): se un soggetto ottiene la green card, ma non soddisfa il substantial presence test, è residente dal primo giorno in cui è stato presente negli USA come permanent resident.
  • Residenza per substantial presence test: se la residenza deriva dal substantial presence test, il soggetto è residente dal primo giorno in cui è presente negli USA.
    • Eccezione: Se un individuo è presente negli USA per meno di 10 giorni, questi possono essere ignorati se ha mantenuto un legame più stretto con un altro Paese.
    • Esempio:
      • Tizio arriva negli USA il 3 febbraio per una conferenza e riparte il 10 febbraio.
      • Ritorna negli USA il 10 marzo per rimanervi stabilmente.
      • La residenza inizia il 10 marzo, poiché tra il 3 e il 10 febbraio aveva ancora un legame più stretto con l’Italia.

Ultimo anno di residenza fiscale

Un individuo cessa di essere residente negli USA se:

  1. Lascia gli Stati Uniti e non vi ritorna nel resto dell’anno.
  2. Durante la restante parte dell’anno ha un legame più stretto con un Paese straniero.
  3. Non è più residente nell’anno successivo.

Regole di fine residenza (Publication 519 – “U.S. Tax Guide for Aliens“):

  • Se la residenza fiscale derivava dal substantial presence test, termina nell’ultimo giorno di presenza fisica negli USA.
  • Se la residenza derivava dalla green card, termina il primo giorno in cui il soggetto non è più permanent resident.
  • In entrambi i casi, la cessazione della residenza è valida solo se il soggetto ha un legame più stretto con un altro Paese.

La dichiarazione dei redditi di fonte USA dei cittadini americani residenti in Italia

La casistica più complessa riguarda la tassazione dei cittadini americani che si trasferiscono in Italia, acquisendo la residenza fiscale ai sensi dell’art. 2 del TUIR e dell’art. 4 della Convenzione Italia-USA, e che percepiscono redditi di fonte statunitense.

Per questa situazione, occorre fare riferimento all’art. 23 della Convenzione tra i due Paesi.

Nel caso di cittadini americani residenti in Italia con redditi di fonte statunitense, l’eliminazione o la riduzione della doppia tassazione non avviene secondo la regola generale dell’art. 23, paragrafo 3, della Convenzione.

Tale norma, infatti, prevede che l’Italia possa includere i redditi di fonte statunitense nel calcolo del reddito complessivo del contribuente, riconoscendo poi un credito d’imposta per le imposte già versate negli Stati Uniti.

Tuttavia, questa prescrizione non si applica ai cittadini statunitensi residenti in Italia, poiché lo stesso paragrafo 3 esclude espressamente i casi di soggetti che possiedono anche la cittadinanza americana (par. 2(b) dell’art. 1).

Articolo 1
1. (…).
2. Nonostante le disposizioni della presente Convenzione, ad eccezione del paragrafo 3 di questo articolo, uno Stato contraente può assoggettare ad imposizione:
(a) i propri residenti (definiti ai sensi dell’articolo 4 (Residenti);
e
(b) i propri cittadini a motivo della cittadinanza, come se tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Stati Uniti d’America non esistesse alcuna Convenzione per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le frodi o le evasioni fiscali.

Per tali contribuenti, la Convenzione prevede invece l’applicazione dell’art. 23, paragrafo 4, che introduce un meccanismo di eliminazione della doppia imposizione articolato in due fasi:

  • Prima fase: Per i redditi di fonte USA esenti o tassati in modo ridotto negli Stati Uniti, se percepiti da un residente italiano con cittadinanza statunitense, l’Italia concede un credito d’imposta ai sensi dell’art. 165 del TUIR nei limiti della tassazione convenzionale (art. 23, paragrafo 4, lettera a).
  • Seconda fase: Dopo l’applicazione del credito d’imposta italiano iniziale, gli Stati Uniti riconoscono un ulteriore credito per le imposte effettivamente versate in Italia, al netto della detrazione già operata dall’Italia. Questo meccanismo estremamente complesso, previsto dall’art. 23, paragrafo 4, lettera b), si basa su una finzione giuridica di “resourcing”, per cui i redditi di fonte statunitense tassati in Italia vengono considerati, nella dichiarazione fiscale statunitense, come redditi di origine italiana, esclusivamente per la determinazione del credito d’imposta concesso dagli USA.

Il caso specifico dei dividendi di fonte USA: credito italiano per le imposte pagate all’estero

Per i dividendi provenienti dagli Stati Uniti e percepiti da persone fisiche residenti in Italia, si applica l’art. 27, comma 4, del DPR 600/73, che prevede una ritenuta a titolo d’imposta del 26% sull’intero ammontare.

Qualora il dividendo venga riscosso tramite un intermediario residente, si applica il comma 4-bis dell’art. 27 del DPR 600/73, che prevede il principio, noto come “netto frontiera” e che dispone che la base imponibile per la ritenuta italiana sia determinata sottraendo le imposte estere già applicate.

In pratica, se il dividendo percepito è di 100.000, gli USA possono applicare una ritenuta massima del 15%, mentre la ritenuta italiana del 26% si calcola sull’importo al netto della trattenuta statunitense (100.000 – 15.000 = 85.000).

Per quanto riguarda la possibilità di detrarre la ritenuta estera dalle imposte italiane, il credito d’imposta ex art. 165 del TUIR non è riconosciuto per i dividendi soggetti al regime ordinario, in quanto tali redditi rientrano tra quelli assoggettati a ritenuta a titolo d’imposta ex art. 27, comma 4, DPR 600/73.

Nel caso di percezione diretta del dividendo senza l’intermediazione di una banca residente, l’imposta sostitutiva del 26% deve essere versata in sede di dichiarazione dei redditi, nel quadro RM.

L’Agenzia delle Entrate, con risoluzione n. 80/2007 e la risposta all’interpello n. 111/2020, ha stabilito che in tale circostanza la base imponibile dell’imposta sostitutiva sia il dividendo lordo (riprendendo l’esempio precedente, 100.000 e non 85.000).

Anche in questo scenario, non è possibile beneficiare del credito d’imposta per le imposte estere, poiché il dividendo non viene incluso nel reddito complessivo in Italia.

Tuttavia, le recenti sentenze della Corte di Cassazione n. 25698/2022 e n. 10204/2024 e la sentenza della C.G.T. I Siena n. 68/1/24, hanno aperto alla possibilità di detrarre l’imposta estera dall’imposta sostitutiva sui dividendi da dichiarare nel quadro RM. La Cassazione ha motivato tale possibilità con il tenore dell’art. 23 della Convenzione Italia-USA, che prevede il credito d’imposta solo nei casi in cui l’imposizione sostitutiva sia opzionale, riconoscendolo invece laddove l’imposizione sostitutiva sia obbligatoria, come nel contesto attuale. Pertanto, i contribuenti che non hanno detratto l’imposta estera possono richiedere il rimborso dell’eccedenza d’imposta pagata in Italia.

Tuttavia, è probabile che l’Amministrazione finanziaria respinga tale richiesta, rendendo necessario un contenzioso tributario.

Le somme rimborsabili ai sensi dell’art. 38 del DPR 602/73 corrispondono alla differenza tra l’imposta italiana pagata e quella che si sarebbe dovuta pagare con la detrazione della ritenuta estera. Ad esempio:

  • nel rigo RM12 della dichiarazione del percettore persona fisica non imprenditore deve essere indicata l’imposta sostitutiva del 26% calcolata sul dividendo lordo;
  • si potrebbe quindi avanzare richiesta di rimborso per l’imposta italiana pagata in eccesso, derivante dal mancato scomputo della ritenuta statunitense.

Il caso specifico delle pensioni private di fonte USA

Secondo l’art. 18 della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Stati Uniti, che disciplina le pensioni private, il principio di imposizione è basato sullo Stato di residenza del percettore.

Sia le pensioni derivanti da un’attività lavorativa cessata (art. 18, par. 1) sia le pensioni corrisposte da uno Stato nell’ambito della propria legislazione sulla sicurezza sociale (art. 18, par. 2) sono tassate esclusivamente nello Stato di residenza. Di conseguenza, una persona trasferitasi in Italia dopo aver lavorato negli USA sarà soggetta esclusivamente all’imposizione italiana sulla pensione americana, mentre gli Stati Uniti non potranno prelevare imposte su tale reddito e dovrà essere cura del percettore far presente la propria residenza fiscale italiana al soggetto che eroga la pensione.

In tali circostanze, il pensionato potrebbe anche beneficiare dell’imposta sostitutiva del 7% prevista dall’art. 24-ter del TUIR per la quale si rimanda allo specifico approfondimento.

Rientrano in questa disciplina le pensioni correlate a un precedente impiego, indipendentemente dalla forma di pagamento (periodica o in un’unica soluzione), includendo anche piani pensionistici integrativi come gli individual retirement accounts (IRA).

Le pensioni di sicurezza sociale sono tassabili esclusivamente in Italia se l beneficiario è ivi residente, in deroga alla regola generale delle convenzioni generalmente stipulate dagli USA. Secondo la Technical Explanation, questa disposizione si applica sia a lavoratori privati che a ex dipendenti pubblici.

Tuttavia, la situazione cambia qualora il oggetto residente fiscale in Italia abbia la cittadinanza statunitense o, come prospettato nella parte introduttiva, abbia mantenuto la Green Card.

Dal momento che gli Stati Uniti tassano i propri cittadini ovunque essi risiedano, per evitare la doppia imposizione, si applica il meccanismo, anteriormente menzionato, previsto dall’art. 23, par. 4, della Convenzione:

  • In base alla lettera a), la pensione è tassata in Italia, che riconosce un credito d’imposta per le imposte USA nella misura “convenzionale”. Tuttavia, poiché l’art. 18 esenta tali redditi negli USA per i non cittadini, l’Italia non può concedere alcun credito.
  • In base alla lettera b), nella dichiarazione finale statunitense, il contribuente può detrarre le imposte italiane pagate sulla pensione.

Il possesso di una doppia cittadinanza risulta un fattore determinante per la corretta applicazione delle norme fiscali alle pensioni USA percepite in Italia per quanto concerne le pensioni di sicurezza sociale. Nell’art. 1 § 2 lettera a) del Protocollo alla Convenzione Italia-Stati Uniti, infatti, viene prevista la tassazione esclusiva in Italia di tali pensioni (che in questo caso non andranno dichiarate negli Stati Uniti) se il percettore, residente fiscale in Italia e cittadino statunitense, ha anche la cittadinanza italiana.

Infine, derogando al principio generale per cui gli Stati Uniti si riservano di assoggettare a imposizione i redditi dei propri cittadini, anche qualora residenti all’estero, vi sono talune eccezioni che riguardano proprio le pensioni. Nello specifico, l’art. 1 § 3 lettera a) della Convenzione, al ricorrere delle condizioni previste dal § 5, esclude dall’imposizione statunitense le pensioni disciplinate dai §§ 5 e 6 dell’art. 18, gli assegni alimentari per il coniuge o per il mantenimento dei figli.

Monitoraggio fiscale di attività patrimoniali e finanziarie estere

Da ultimo, non va dimenticato che i cittadini statunitensi che trasferiscono la propria residenza in Italia sono soggetti anche alle norme sul monitoraggio fiscale delle attività patrimoniali e finanziarie detenute all’estero, tra i quali figurano, i conti correnti, gli investimenti finanziari, le varie tipologie di fondi previdenziali, le partecipazioni societarie e i  beni immobili.

La mancata inclusione dei beni detenuti all’etero nel quadro RW può comportare, nel caso specifico, sanzioni dal 3% al 15% del valore dell’attività non dichiarata per ciascun anno.

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